La ghiacciaia



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Il progetto


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Esperienza e Ospitalitá

Storia


Le ghiacciaie, anche chiamate conserve o neviere, erano luoghi indispensabili per la conservazione dei prodotti alimentari deperibili, in quanto ne permettevano la congelazione, quando ancora non esistevano i frigoriferi.
In inverno le ghiacciaie venivano costipate di neve pressata, attraverso un’apertura nella parte superiore in modo da creare ghiaccio, per poterne disporre durante le stagioni più calde. Se necessario, per amalgamare meglio la massa innevata, si aggiungeva acqua.
Agli inizi dell’Ottocento, grazie all’aumento del benessere di larghi ceti della popolazione cittadina crebbero le attività commerciali come osterie e macellerie e di conseguenza aumentò il bisogno di conservare derrate alimentari e refrigerare bevande. In risposta a queste necessità vennero edificate, ovunque era possibile, nuove ghiacciaie, a quote relativamente basse e vicine alle vie di comunicazione con il fondovalle. Le ghiacciaie diedero origine ad un intenso commercio: l’intera filiera della refrigerazione, dalla produzione alla distribuzione, rappresentò una vera e propria arte diffusa ed ebbero un ruolo fondamentale nel ciclo produttivo agricolo e nella vita domestica fino a scomparire nel secondo dopoguerra, con la diffusione del frigorifero moderno.
Esempi di ghiacciaie si possono trovare in Europa e America. In Italia ci sono ancora molti esemplari di antiche ghiacciaie dalla Sicilia alla Lombardia, al Piemonte. In Emilia Romagna ci sono diversi esemplari, ma la loro mappatura sul territorio è difficoltosa a causa della tendenza ad esulare sia i censimenti che le classificazioni catastali e per via dell’ubicazione nel sottosuolo, per cui raramente visibili. In Bologna e provincia si stima ne esistano oltre 120 di cui circa 80 a Bologna e 40 distribuite nella provincia. Queste architetture versano per lo più in stato di abbandono, alcune sono state oggetto di restauro diventando enoteche e ristoranti, come la ghiacciaia del Palazzo di Varignana o quella di Palazzo Maccaferri, risalente al XIV secolo, presso l’hotel I Portici, oggi destinata a cene esclusive.


Come erano fatte

Le ghiacciaie hanno spesso una storia che le accomuna: sono nate, in gran parte, in risposta alla necessità di dotare un altro edificio di uno spazio indispensabile all'economia domestica o all'attività commerciale. Erano in genere posizionate vicino a palazzi o ville, esposte a nord, interrate o semi interrate e dotate di una spessa muratura. Queste tipologie di edificio erano strutturate con pianta circolare e copertura a volta a protezione della porzione cava interna a cui si accedeva tramite un piccolo ingresso. La loro forma era cilindrica o tronco-conica e a seconda delle caratteristiche del terreno in cui erano situate, differivano per morfologia: nei terreni più umidi erano seminterrate o (più raramente) esterne, mentre in presenza di terreno asciutto erano totalmente interrate.
Lo spazio interno era vuoto, una scala permetteva di raggiungere il fondo per le opere di manutenzione, e nella parte bassa vi era il pozzetto per far defluire le acque derivanti dallo scioglimento del ghiaccio.

1. pre-cella di ingresso ed introduzione neve
2. cella frigorifera
3. deposito della neve, una scala permetteva di scendere nel fondo per le operazioni di pulizia
4. botola superiore
5. pozzetto di raccolta delle acque di fusione con sistema di drenaggio sotterraneo
Il ghiaccio naturale era ricavato dai ghiacciai perenni ritagliato in blocchi e trasportato nei luoghi di utilizzo. In Italia, le prime e più importanti fonti di approvvigionamento furono le Alpi, dalle quali si rifornivano i grandi centri della pianura padana. Nell’Appennino, invece, il ghiaccio era ottenuto facendo ghiacciare appositamente l’acqua dei fiumi come il Reno. Nella pianura e nelle colline, dove le temperature erano meno rigide, il freddo era ottenuto utilizzando la neve ammassata durante l’inverno.
Tra il 15 dicembre e il 15 gennaio si provvedeva al taglio del ghiaccio (era il periodo in cui la temperatura subiva l'abbassamento più consistente). Il ghiaccio veniva tagliato in blocchi di larghezza regolare (80 cm), grazie all'uso di affilatissime scuri speciali e di arnesi che ne permettevano il dimensionamento corretto. I blocchi così ottenuti venivano posti all'interno della ghiacciaia su più strati fino a formare uno spessore di 30- 50 cm, sovrapposti e isolati l'uno dall'atro con uno strato di fogliame, per evitare che il ghiaccio stipato diventasse un blocco uni- co nel periodo di conservazione. Una volta riempita la ghiacciaia, si isolava perfettamente il tutto con uno spesso strato di pula, seguito da uno strato di foglie, rami e pietre. La ghiacciaia veniva poi chiusa quasi ermeticamente per essere riaperta all'arrivo della stagione calda.


Storia della ghiacciaia Melloni

Ghiacciaia seminterrata

La loro mappatura è difficoltosa a causa della tendenza ad esulare sia i censimenti che le classificazioni catastali e per via dell’ubicazione nel sottosuolo per cui raramente visibili. Si stima esistano oltre 120 di cui 80 nel territorio di Bologna e 40 distribuiti nella provincia.

Ghiacciaia seminterrata

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